Venezuela#3: Viaggio al centro della Terra – Canaima e la foresta Amazzonica
Prendiamo un piccolo aereo e con grande timore preghiamo di riuscire ad atterrare. Il pilota non ci rassicura molto e ci racconta le volte che è caduto con diversi piccoli aerei di queste dimensioni e come non ci sia da preoccuparsi nel caso in cui dovessimo precipitare…



Arriviamo sani e salvi e troviamo in mezzo alla foresta amazzonica un piccolo villaggio perfettamente urbanizzato, vi è addirittura la scuola e con una vegetazione selvaggia ma al contempo contenuta dove un pappagallo coloratissimo ci accompagna per tutto il soggiorno.

Un villaggio indipendente dal resto del Paese.

Esploriamo questo luogo sconosciuto e affascinante e seguiamo una piccola stradina bianca quasi sommersa lateralmente dalla vegetazione fino a quando davanti a noi si apre un paesaggio unico al mondo, sembra di essere nel film “Viaggio al centro della terra” del 1959 (non ho mai letto il libro purtroppo) quando il professore uscito dalla grotta trova un mondo antico e selvaggio; il fiume Carrao scorre veloce e cade giù formando delle cascate uniche, l’acqua ha un colore particolare: rosso, perché assume il colore del fogliame del luogo…

bambini della popolazione autoctona giocano in questa spiaggia al di fuori di ogni immaginabile realtà, sereni, selvaggi e felici e tre palme in mezzo all’acqua sembrano quasi dei guardiani che sorvegliano questi luoghi ancora incontaminati (purtroppo i fiumi in Venezuela sono molto contaminati dalle industrie).

Questo scenario unico si apre di fronte a noi, siamo colmi di gioia e proviamo una sensazione unica, ci guardiamo e pensiamo se sia opportuno farci il bagno in quest’acqua così strana, ma non c’importa e proviamo… poche persone possono godere di tanta fortuna.

Passiamo una notte in questo villaggio, il giorno dopo con una canoa attraversiamo le rapidi insieme ad un gruppo di persone accompagnati da una guida per raggiungere le cascate del Salto Angel (979 metri), la cascata più alta al mondo.


Il Sole è cocente tanto che la pelle è letteralmente bruciata, ma il vento sul viso rende tutto più piacevole.

Approdiamo in un punto indefinito, per noi, del fiume e iniziamo a camminare con la guida in mezzo alla foresta amazzonica.

Quando ci addentriamo scopriamo un mondo mai visto, un mondo umido e impervio, un mondo estremamente connesso, ogni singola specie vegetale è connessa con l’altra. Non si identifica una radice di una pianta rispetto all’altra, sembra di essere nel film Avatar.



Ci guardiamo intorno e non abbiamo più il senso dell’orientamento tutto sembra uguale, il senso di smarrimento è alto, la guida cammina veloce, noi gli stiamo dietro, ma aumenta il passo tanto da correre ed è pure senza scarpe, la pendenza del terreno aumenta sempre di più, cerco di star dietro alla guida, ma sento i muscoli delle gambe bruciare, non riusciamo più a star dietro alla guida (pochi ce la fanno) e all’improvviso lo perdiamo di vista. Io e mio fratello ci guardiamo e ci sentiamo persi, lui prende la situazione in mano e va avanti, non ha la più pallida idea di dove andare, si accodano a noi altre persone di diverse nazionalità, ci chiedono se sappiamo la strada e mentiamo… non so come abbiamo fatto, forse il sesto senso o l’istinto di sopravvivenza, ma siamo arrivati a destinazione e ritroviamo la guida (guida maledetta!!!).

E dopo una prima arrabbiatura si apre a noi un altro scenario da cartone animato questa volta (… film “UP”…) la cascata più alta del mondo è di fronte noi, l’acqua assume una forza e una potenza durante la caduta incredibile ma la percezione invece è tutt’altra tanto che sembra cadere con delicatezza sul terreno…

noi nel frattempo siamo zuppi, si perché non ci si pensa ma l’umidità e l’acqua di rimbalzo arriva ad altezze incredibili, bagnatissimi ci godiamo il paesaggio, ma il tempo stringe e dobbiamo tornare indietro prima che faccia buio.
Arriviamo in tempo nel villaggio autoctono in mezzo alla foresta e ci accampiamo lì, un piccolo spazio dedicato ai viaggiatori come noi, il tetto è in legno per coprirci dall’umidità, amache quasi attaccate l’una all’altra sono coperte da zanzariere e si scoprirò quanto siano utili; bagni in comune che non utilizzerò mai, come mi disse una mia vecchia amica farmacista “molto più pulita la natura che un bagno pulito” (anche se in questo caso il bagno non era per niente pulito)… praticamente un ostello all’aperto con la popolazione autoctona.


Il fuoco vicino all’accampamento da un senso di accoglienza in un luogo così poco ospitale, la possibilità di farsi la doccia ovviamente non c’è,



io sono molto sudata e ho i capelli lunghi, così mi cambio al volo, metto una cosa comoda e già pronta con il vestiario del giorno dopo, decido di sciogliere i capelli per farli asciugare e penso alle parole di mia madre “non ti sciogliere i capelli perché ci sono i pipistrelli” e in quel preciso istante un pipistrello si aggrappa ai miei capelli, io inizio ad urlare e tutti mi guardano come fossi una pazza e con l’espressione sul viso “ma che non lo sapevi? che ti spaventi a fare è solo un pipistrello!!”
Ragazzi non so nemmeno io come e perché è scappato via dai miei capelli… le mie grida forse?
Il giorno dopo facciamo ritorno a Canaima e poi un’ora di pausa per riprendere quel piccolo aereo e fare ritorno a Ciudad Bolivar dove facciamo sosta una notte.
